Consigli l’open? Sei nemico del copyright e quindi, sorvegliato speciale

E’ notizia di questi giorni che l’organizzazione internazionale a tutela del diritto d’autore (International Intellectual Property Alliance), organizzazione globale a tutela del copyright con base negli Stati Uniti vorrebbe tenere vari paesi sotto osservazione (vedi la Special 301 watchlist). Il motivo? Molti di questi paesi, Argentina, Brasile, India, Indonesia, Russia, ecc. consigliano apertamente alle loro Pubbliche Amministrazioni di migrare al software libero e open, senza dovere pagare continuamente costose licenze e aggiornamenti. Non è finita qui: l’IIPA ha espressamente consigliato all’Office of the United States Trade Representative di annoverare quelle nazioni nella lista dei paesi pericolosi per il diritto d’autore: manco fossero paesi che supportano il terrorismo. A far discutere è soprattutto il motivo di questa richiesta, cioè che i paesi nell’elenco stanno ricorrendo a politiche di adozione del software open source in sostituzione di quello proprietario e a pagamento. La giustificazione illogica e assurda è che tale passaggio incoraggerebbe la pirateria e l’infrazione del diritto d’autore.
Esprimo qui un chiaro e netto dissenso da tale approccio puramente commercialistico e privo di qualsiasi logica, anche perché noi consumatori e utenti saremmo pure privati dell’elementare diritto di scelta fra più opzioni. Giustamente, quindi, contro le invettive di IIPA e il processo di revisione del rapporto Special 301 si sono schierate apertamente Electronic Frontier Foundation e Public Knowledge. L’obiettivo delle due organizzazione che si battono per i diritti digitali è quello di costringere l’USTR a prevedere che il rapporto passi lo scrutinio di organizzazioni indipendenti dalle lobby del copyright, un meccanismo di verifica che “non solo aumenterebbe la credibilità del processo, ma migliorerebbe anche il rispetto per gli Stati Uniti nei paesi esteri”. Infine, tale scrutinio porrebbe al centro dell’attenzione anche un dato assai importante: la possibilità di popolazioni povere di adoperare i computer con software non costosi e diminuire il Digital Divide.

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